“THE WHALE”

E’ difficile comprendere l’Altro da sé, leggere nei labirintici meandri di un “ἄλλος”, 

entrando in sincera empatia con l’alterità, 

tanto più se la stessa è pervicacemente autolesionistica, 

disturbante, abrasiva, come quella di Charlie.

Darren Aronofsky non fa sconti, 

né visivamente, né emozionalmente, 

nel riproporre, cinematograficamente, questa angosciosa e magnifica piece teatrale.

E’ lama dal taglio netto.

E’ grimaldello che scardina porte e chiavistelli.

E’ strazio.

E’ l’urlo di Munch.

Brendan Fraser si fa deus ex machina … e rivalsa.

Il “suo Charlie” è pietas incarnata, è l’Amore taumaturgico che trasforma, tramuta, converte, è il Seme da cui nasceranno i nuovi frutti; nel sacrificio di Sè.

Quello che il film vuole, forse, dirci è che solo uscendo dal Giudizio è possibile abbracciarsi, accogliersi.

Il che non significa applicare la timorosa fluidità sistemica nello sguardo sul Mondo.

Comprendere non è giustificare; ma è un ponte.

Forse fragile; ma, pur sempre, una retta che unisce il punto A al punto B.

Quell’attraversamento può avvenire di corsa, a braccia spalancate e fiato corto, o con la greve lentezza di un funambolo.

Resta intonsa la sua intima essenza: l’ Unione.

Il film è pittorico, metaforico.

E’ dichiarato melodramma.

Senza paura ad esserlo…, trionfalmente.